In vista dell’appuntamento referendario del 17 Aprile sul rinnovo delle concessioni per le trivellazioni pubblichiamo due documenti che riteniamo utili nella scelta di voto: un vademecum redatto dal Comitato per la Democrazia Costituzionale e l’opinione a proposito del referendum del Presidente dell’ANPI Carlo Smuraglia.
In realtà ci sembrano evidenti le ragioni e la necessità di sostenere questo referendum: la salvaguardia dei nostri mari e un cambiamento drastico delle politiche energetiche di questo Paese ci appaiono già motivi sufficienti.
Dobbiamo pure non del tutto a margine constatare che l’invito da parte governativa all’astensione, dopo aver addirittura anticipato la data di convocazione, costituisce un tentativo di boicottaggio che umilia il diritto di voto dei cittadini e l’essenza della democrazia stessa.
Vogliamo anche ricordare che questo referendum è stato promosso da consigli regionali. Non esiste quindi un comitato promotore in grado di dar voce capillare alle ragioni del Sì e di mobilitare in tutto il Paese un’ampia e necessaria discussione come nel caso dei referendum costituzionali promossi attraverso la raccolta delle 500mila firme tra i cittadini. In ogni caso l’esito del referendum è condizionato al raggiungimento del quorum ed è quindi essenziale fare sapere che c’è e quale è il suo significato. L’invito è quindi di non disertare le urne ma di esercitare il proprio diritto alla partecipazione democratica così come la nostra Costituzione sancisce.
Il 17 aprile saremo chiamati ad esprimere il nostro voto sul referendum relativo alle trivelle. Non c’è stato naturalmente il tempo per sottoporre al Comitato Nazionale una decisione in proposito e il Comitato, già fissato per il 13 aprile, sarà troppo vicino alla data delle consultazioni.
Possiamo tuttavia fare qualche riflessione, più che sul merito, sulla sostanza della questione. Si chiedeva di abrogare la norma che permette alle attuali concessioni di ricercare ed estrarre petrolio entro le 12 miglia dalla costa. Gli originali quesiti sono stati falcidiati, residuando un solo quesito, giudicato ammissibile dalla Corte Costituzionale. E’ dunque su quest’ultimo che dovremo esprimerci, sapendo che si tratta di incidere su una disposizione che, seppure in qualche modo residuale rispetto a tutto il resto, è ugualmente assai importante, nel senso che si tratta di esprimersi sul punto se alla scadenza delle concessioni le trivelle dovranno fermarsi oppure esse potranno proseguire fino all’esaurimento del giacimento. Un quesito, dunque, di importanza rilevante. Ma prima ancora di entrare nel merito e decidere come votare, c’è il problema – essenziale – della partecipazione al voto.
Sotto questo profilo, è chiaro che non si possa consentire il fallimento del referendum, anche solo per la scarsa partecipazione dei cittadini. Il fallimento, foss’anche determinato da questo solo motivo, rischierebbe di danneggiare il referendum sulla riforma del Senato e sulla legge elettorale, consentendo a chi non ha interesse a questa forma di partecipazione popolare, di sostenere che i cittadini non sono interessati ai referendum, non hanno desiderio di votare e così via. Noi ci stiamo mobilitando, con tanti altri, per votare “NO” al futuro referendum sulla legge di riforma del Senato e per votare “SI” ai due quesiti che mirano ad eliminare le parti più pericolose e dannose della nuova legge elettorale. Dobbiamo convincere le cittadine e i cittadini, non solo della bontà delle nostre ragioni, ma anche della necessità di partecipare, esercitando così un potere attribuito al popolo proprio dalla nostra Costituzione.
Tutto ciò che può danneggiare la nostra campagna referendaria, va eliminato, prima di tutto partecipando al referendum già in atto, quello – appunto – sulle trivelle.
Ma voglio aggiungere qualcosa di più. Non posso dire come si dovrebbe votare, perché non c’è stato, come ho detto, un pronunciamento del Comitato Nazionale. Posso però dire, almeno, quello che penso io, liberi poi tutti di seguire il mio esempio o meno. Faccio un ragionamento estremamente semplice: questo referendum è stato chiesto da ben nove Regioni, anche con diverse coalizioni politiche. Possibile mai che ben nove Regioni agiscano d’impulso e senza oggettive ragioni, tali da unirle in un proposito unico (promuovere un referendum) anche se la loro direzione politica è diversa? Per me, che credo nella importanza di ogni manifestazione di volontà democratica, questo argomento è decisivo, al di là di ogni questione di merito. Del resto, se il Governo ha cercato di intervenire per vanificare il referendum, prima in via normativa e poi con la decisione di “promuovere” l’astensione, vuol dire, quantomeno, che questo referendum non è inutile e che esistono buone ragioni di fondo per partecipare.
Ci saranno, ovviamente, mille ragioni di merito, per decidere consapevolmente. Ognuno può rendersene conto, leggendo le pagine che un quotidiano nazionale (“la Repubblica” di domenica 20 marzo, pag. 16), prospetta su ognuna delle questioni che si pongono, le ragioni del “SI” (al quesito) e le ragioni del “NO”.
Per me, quella lettura è decisiva per convincersi della bontà delle ragioni dei sostenitori del referendum. Queste considerazioni, unite a quelle più generali cui ho accennato in precedenza, mi porteranno al seggio, il 17 aprile, prima di tutto per partecipare e poi per rispondere “SI” al quesito.
Si tratta, per le ragioni che ho esposto, di una semplice opinione che non vincola nessuno, né potrebbe farlo. E’ soltanto l’espressione di un convincimento, mi pare, sufficientemente motivato. Dopo di che, ognuno si regoli come ritiene giusto, ma partecipi al voto.
Carlo Smuraglia