Concluso il 16° Congresso Nazionale dell’ANPI a Rimini, vogliamo pubblicare uno degli interventi di apertura più forti e provocatori, ma – riteniamo – necessari. Una grave colpa della società tutta è quella di aver trascurato e trascurare ancora l’attenzione a quei meccanismi che portano molti, troppi ragazzi a buttarsi in un’ideologia aberrante addirittura con fervore. I più confondono l’odiosa violenza con il diritto di opinione, la totale mancanza di memoria e cultura con un aleatorio “spirito dei tempi”, le istituzioni sembrano non capire e trascurare (talvolta volutamente) ciò che ormai in tutte le nostre città è all’ordine del giorno. Vi invitiamo quindi a leggere ma soprattutto a far leggere questa sorta di lettera aperta di Raffaele Mantegazza, professore di pedagogia interculturale all’Università di Milano-Bicocca, da anni impegnato nello studio dei processi educativi con particolare attenzione alle tematiche della memoria, della Shoah e della Resistenza.
Caro ragazzo o cara ragazza neofascista o neonazista,
forse ti stupirà ricevere una lettera proprio da noi e proprio da questo Congresso ANPI. Forse stai guardando a noi, dall’esterno di questo Palacongressi, non tanto come nemici (i tuoi nemici sono i musulmani, gli omosessuali, le donne, i poveri, i deboli sui quali puoi mostrare la tua miserabile forza) ma come reduci, innocui vecchietti che ricordano la storia. E anche se non è così, è vero che parte della stampa e qualche intellettuale ha avuto spesso la spudoratezza di presentarci così; l’ANPI è una associazione giovane, ma fa paura dirlo.
Caro ragazzo o cara ragazza neofascista o neonazista,
mi piace immaginarti molto giovane. Solo immaginandoti ragazzo posso pensare di avere un dialogo con te; non posso e non voglio avere un dialogo con il neofascista o neonazista adulto perché per me quella persona non è un interlocutore ma è il Nemico, perché il nazismo e il fascismo non sono opinioni ma violenta negazione di tutte le opinioni, negazione della stessa specie umana.
Ma tu sei ancora un ragazzo, sei vergine di quella splendida verginità fisica e intellettuale che hanno i ragazzi. E proprio per questo sei terra di conquista, La domanda è: come mai ti stanno conquistando gli altri? Come ti conquistano?
Caro ragazzo o cara ragazza neofascista o neonazista,
i neonazisti e neofascisti “grandi” sono scaltri, ti conquistano partendo da te, dai tuoi gusti e dalla tue sensibilità, dalle tue speranze e dalle tue paure, dai tuoi desideri e dalle tue gioie; ti conquistano con una operazione pedagogica ed educativa, di grande efficacia.
Non ti vengono a dire “vieni con noi ad adorare Hitler”; ma ti conquistano con i linguaggi del fumetto e della musica, quei linguaggi che tu ami e conosci; lentamente insinuano dentro i tuoi gusto qualche elemento fascista e nazista, quasi nascosto tra le note di una canzone rock: ti conquistano lavorando sul tuo corpo, con le divise e il loro fascino, con le armi e la loro forza di attrazione, con lo sport e le risse in curva tra Ultras, con il ballo violento e sfrenato (come il “Wall of death” nel quale il senso del “ballo” è scagliarsi gli uni contro gli altri in una specie di violentissima orda agli ordini di un cantante rasato e coperto di svastiche).
Ti conquistano usando il tuo bisogno di amicizia, il tuo bisogno di stare in un gruppo; gruppo che poi ti abbandonerà quando (e se) sarai arrestato per qualche atto violento ma che adesso ti illude di essere sempre al tuo fianco e alle tue spalle; un gruppo che ha il compito di farti sentire che sei il migliore e che sei incompreso, che sei puro e ariano, che tutti gli altri ti sottovalutano e ti odiano; di dirti che le tue disgrazie non sono tua responsabilità ma colpa di altri e dunque di darti nemici su cui sfogare la tua rabbia. Hai i brufoli? Le ragazze non ti guardano? I professori ti danno voti bassi e i genitori ti puniscono? Vai a massacrare di botte il ragazzo senegalese!
È chiaro (a me) che non esiste il minimo nesso tra queste due cose; ma non lo è a te perché i neofascisti e neonazisti ti conquistano proprio impedendoti di ra-gionare; sostituendo gli slogan all’argo-mentazione, i segnali ai simboli (questi ultimi sono impregnati di storia, mentre la svastica è un segnale, un semaforo verde all’odio e all’assassinio), l’urlo gutturale del bruto alla voce bassa di chi sa di avere qualche ragione. Ti con-quistano attraverso la dolce violenza dell’ignavia e dell’indifferenza: fingendo di mettersi (solo loro!) dalla tua parte contro i tuoi professori che chiedono di approfondire, contro i tuoi nonni che chiedono di ricordare, contro di noi che chiediamo di resistere.
Ti conquistano attraverso una messa alla prova, un rito di passaggio all’età adulta, che risponde al tuo bisogno di iniziazione, un bisogno che è proprio di tutti gli adolescenti e le adolescenti: io non riesco a capire quanto deve essere bello e forte ed emozionante incendiare un campo rom, ma tu sì; e sai quando ti fa sentire grande tornare nel branco di adulti tatuati di croci celtiche e sentirti dire “Ora sei dei nostri, sei come noi”.
E infine ti conquistano sul Web o meglio attraverso il web con gli oltre 40000 siti neofascisti e neonazisti censiti (e contando i blog occorre almeno triplicare la cifra), con la decontestualizzazione (per cui trovi una svastica o un fascio littorio nel sito del tuo gruppo di Ultrà o dei fan di un gruppo musicale e li assorbi quasi inconsciamente), con la deresponsabilizzazione e la semplificazione (per cui si possono postare messaggi anonimi e il massimo dell’impegno richiesto è cliccare su “I like”) e con la morte della memoria che è insita nella struttura stessa della Rete.
Caro ragazzo o cara ragazza neofascista o neonazista,
ammesso che tu mi stia ancora ascoltando (perché l’ascolto è tra le prime vittime dei nazisti e dei fascisti), tu ci chiederai adesso: “va bene, ma voi cosa fate con e per me?”. E qui devo darti in parte ragione. Perché se i neofascisti e neonazisti hanno conquistato la tua anima è anche perché non siamo stati in grado di farlo noi; non siamo stati abbastanza chiari a dire che chi ritiene l’antifascismo qualcosa di superato non può stare nelle istituzioni; non abbiamo detto chiaramente che chi è Antifascista è prima di tutto “anti” ma è “pro”: a favore di una primavera rossa o di tanti altri colori che adesso sembra non ci interessi più (e se non interessa a noi, figuriamoci se può interessare a te). Non abbiamo più alimentato la speranza, la fede nell’umano, l’Utopia.
Il problema allora è che la democrazia e l’antifascismo per te non sono diventati costume, narrazione, liturgia, rito vero e vissuto, religione laica. Non siamo stati capaci di farti illuminare gli occhi leggendo la Costituzione, di farti affondare le mani negli oggetti che nei tanti nostri archivi dormono in attesa che i tuoi occhi le risveglino alla vita; abbiamo commesso il più grave degli errori: abbiamo dato per scontata la democrazia come se fosse un cromosoma con il quale i bambini nascono e non una pianta da annaffiare continuamente, altrimenti muore. Questo è l’immenso lavoro che dobbiamo fare per sottrarre la tua anima, ancora vergine e limpida, alle grinfie dei vecchi e nuovi assassini dell’umano.
Caro ragazzo o cara ragazza neofascista o neonazista,
ora ti saluto perché noi abbiamo molto da fare; ma lascia che ti ricordi un’ultima cosa: con tutti i nostri limiti, con tutti i nostri errori, comunque 70 anni fa noi abbiamo vinto e voi avete perso. E non perché vi siete ritirati ma perché siete stati sconfitti, da una lotta organizzata forte e coraggiosa; e perderete anche oggi, non illuderti; ma solamente se noi sapremo sconfiggervi, con altre armi che siano quelle della politica, della cultura ma soprattutto dell’educazione.
È questo, caro ragazzo o cara ragazza, il senso di questa lettera ed è questo il senso del nostro essere oggi qui
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Raffaele Mantegazza
(Professore associato di Pedagogia interculturale, Università di Milano-Bicocca)