I 100 anni di Antonietta Ferrari e il ricordo dei 13 Martiri di Ca’ Giustinian

[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=f9pWFJ5hbgs[/embedyt]

 

Antonietta Ferrari vive a Venezia. Da poche settimane ha raggiunto la veneranda età di 99 anni. Nacque, infatti, il 29 settembre 1921 a Corbolone di S. Stino di Livenza (Venezia). Da bambina (a 9-10 anni circa), come accadeva spesso nelle poverissime località del mondo rurale e per essere sfamata e vestita, fu affidata dalla madre ad una famiglia veneziana con il compito di assistere un’anziana. Di fatto, oltre quello di badante, la ragazza svolse anche il ruolo di domestica e, poi da adulta quello di sarta, al servizio di dame veneziane e del Teatro della Fenice.
Di tanto in tanto, Antonietta tornava a Corbolone per rivedere la mamma e i suoi fratelli. Il padre era assente da anni, perché emigrato in America Latina. La famiglia veneziana viveva nel palazzo a fianco della Chiesa di San Moisè. Antonietta, per il ruolo svolto dal suo padrone all’interno della comunità religiosa locale, ebbe sempre il permesso di salire sul campanile: nell’intervista più volte ricorda i momenti di libertà vissuti sulla sua sommità e il privilegio di poter spaziare con lo sguardo sull’intera città e sulla laguna, fino alla terraferma.
Accanto alla loro casa sorgeva anche Ca’ Giustinian, sede dopo l’8 settembre del ’43 del Comando Provinciale della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana), dell’UPI (l’Ufficio Politico Investigativo, “terzo occhio” del regime fascista), di uffici di collegamento tedeschi e luogo di tortura. Antonietta racconta di essere stata presente sia il giorno dell’attentato dinamitardo (26 luglio del ’44), compiuto da due partigiani appartenenti ad un GAP, sia quello della successiva rappresaglia (28 luglio), con l’assassinio di tredici giovani antifascisti, ostaggi prelevati dal Carcere di S. Maria Maggiore. Più volte nella sua vita Antonietta ha raccontato quanto visto e udito. Lo ha fatto con forte commozione anche in questa intervista.
Ha anche ricordato con dolore la “caccia” ai giovani del suo paese (ribelli al bando di arruolamento nelle fila delle milizie nazifasciste o timorosi di essere tradotti in Germania), scatenata nel territorio del fiume Livenza da repubblichini e tedeschi, e caratterizzata da fucilazioni e inumane impiccagioni. Come, per ultimo, ha rammentato con nostalgia il clima generale di gioia e di soddisfazione nella Venezia liberata alla fine di aprile del 1945. Dobbiamo fare a questo punto una dovuta annotazione di merito e di metodo.
E’ bene essere consapevoli che i racconti di Antonietta, come qualunque narrazione personale non avvalorata da provati documenti, ricostruiscono i fatti da una prospettiva soggettiva, per di più indebolita dal tempo passato e rafforzata da componenti sentimentali. Alcune informazioni possono essere aggiunte o distorte o erronee. Come quella dell’identità dei presunti autori materiali della rappresaglia a Ca’ Giustinian: Antonietta, infatti, parla sempre di tedeschi, quando invece ad assassinare i tredici innocenti furono ufficiali e militi della G.N.R. fascista. Nonostante ciò, la storia non può fare a meno di sentire i testimoni.
Spetterà al ricercatore separare il dato falsificato, spesso inconsapevolmente, da quello verificato. A nostro parere, al di là delle inesattezze, dall’intervista di Antonietta Ferrari emergono e/o vengono ribaditi i seguenti elementi utili allo stesso storico del periodo considerato:
a) che nella prima metà dello secolo scorso il Veneto continuò ad essere caratterizzato da una diffusa ed estrema povertà nel mondo rurale;
b) che anche a Venezia persistevano rapporti di lavoro servili, estesi purtroppo a minori;
c) che la donna viveva in uno stato di soggezione, pur essendo spesso, nello stesso tempo, il vero sostegno della famiglia;
d) che durante la Guerra di Liberazione crebbe sempre di più il sentimento di disprezzo da parte di larghi settori popolari nei confronti degli occupanti tedeschi e dei loro collaboratori fascisti;
e) che questo sentimento fu accompagnato da una convinta aspirazione alla pace e alla fine di una guerra tremenda.

Un ringraziamento, oltre che alla protagonista, va alla signora Eva Seiden, che ha organizzato l’incontro.
Le videoriprese sono state realizzate nell’abitazione di Antonietta Ferrari.
Prima camera: Antonio Beninati, A.N.P.I. Sez. “Sette Martiri” di Venezia
Seconda camera: Gianluigi Placella, A.N.P.I. Sez. “Sette Martiri” di Venezia
Montaggio: Antonio Beninati.


Ringraziamo Vera Mantengoli per il bell’articolo su La Nuova Venezia del 26 settembre 2021:

Condividi!