Un caro saluto a tutte le donne e agli uomini presenti, e un sincero ringraziamento alla delegazione dell’ANPI trentina per essere oggi qui a Venezia, e un abbraccio particolare, anche da amico, ad Annamaria Gelmi, nipote di due martiri che oggi, assieme ad altri vogliamo ricordare.
Ritrovarci davanti a questa lapide ci porta indietro di settant’anni ed è ancora una volta un’occasione per recare un contributo alla conoscenza e alla valutazione dei fatti, da molti – ancora oggi – ignorati; un momento di riflessione sul loro significato e valore, anche alla luce del presente e del futuro. Ogni anno ricordiamo i martiri per la libertà e questa occasione non deve essere solo un pretesto per rinnovare il commosso ricordo dei Caduti, e per esternare la nostra gratitudine ai combattenti della libertà, ai quali tutti siamo in larga parte debitori per aver contribuito a darci istituzioni libere e democratiche, per difendere e consolidare quelle conquiste e non dimenticare quali furono gli ideali, le attese e le speranze di quei giovani.
Una memoria che fa rivivere il sacrificio di tanti giovani, ragazzi e ragazze che, pur appartenendo a un ampio schieramento politico, combatterono fianco a fianco, con unità d’intenti e d’azione, con un grande traguardo comune: il riscatto dell’Italia invasa dal Nazismo e il desiderio di un avvenire, fatto di giustizia e di eguaglianza. Con la Liberazione dell’intero territorio nazionale dall’invasore nazista e dai mercenari della Repubblica Sociale Italiana, quelle ragazze e quei ragazzi si accinsero a concorrere alla costruzione di una nuova Italia, carichi di tanto impegno, dedizione e speranza. Oggi, celebrando i martiri della resistenza, ci accorgiamo che sono ancora qui, lo sono nel nostro cuore, nella nostra mente, ma ancor di più nei principi repubblicani e democratici dell’Italia. Questi valori e principi morali in settant’anni d’intesa comune e di attività democratica hanno, nei diversi momenti delle vicende nazionali a volte anche terribili e sanguinosi, difeso e rafforzato la democrazia e le sue istituzioni nel solco dell’unità e dell’antifascismo.
La Resistenza, infatti, è stata una vicenda straordinaria, forse la più significativa della storia d’Italia; una vicenda che colpisce anche per la sua complessità, perché la lotta armata si coniugò con la resistenza non armata, nelle sue mille forme e manifestazioni unite nella stessa ansia di libertà e di democrazia.
Ed è in questo comune contesto, che tutte le azioni antifasciste vanno considerate come parte integrante di un movimento di liberazione estremamente complesso e ricco. Di questo quadro, intendo sottolineare prima di ogni altra cosa un dato che è la costante di tutto ciò che è stata la Resistenza: il coraggio e la responsabilità delle scelte.
All’indomani della Liberazio-ne Piero Calamandrei disse: «Abbiamo ritrovato la Patria; abbiamo ritrovato la forza dei valori, la purezza e il prestigio delle donne e degli uomini che ancora oggi incarnano la verità di quei giorni dram-matici e gloriosi, quelle persone che hanno saputo cementare nel tempo, attorno a noi, tra noi, il vero spirito dell’unità nazionale».
Quelle ragazze e quei ragazzi non seppero soltanto respin-gere l’invasore e cacciare il tiranno. Una sapienza politica illuminò la Resistenza: quella stessa sapienza politica che fu posta in opera nello scrivere la Costituzione Repubblicana.
L’insegnamento di fondo, che ci deriva dal ricordare un momento storico come quello che la comunità veneziana ogni anno celebra rievocando quei terribili fatti, deve guidarci anche oggi per il perseguimento della Pace, intesa come totale avversità alla guerra. Serve l’unità degli intenti che sostennero la Resistenza per poter vincere, anche sul piano ideale e morale, le forze che, qui in Italia, da posizioni di potere, vogliono far permanere il nostro Paese in avventurose imprese militari: la nostra risposta è qui. Sta nella presenza di tutti noi. La nostra presenza è la risposta più forte, più ferma davanti alla memoria di:
Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano combattente;
Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza nel Cavarzerano;
Bruno De Gasperi, 20 anni, di Trento;
Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento
Alfredo Gelmi, 20 anni di Trento,
Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento;
Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, operaio alla Breda, comandante militare partigiano nella zona del Piave.
Ricorda Leopoldo Pietragnoli: «L’esecuzione volle essere anche una plateale “lezione” per gli abitanti di Via Garibaldi, da sempre zona antifascista. All’alba del 3 agosto pattuglie tedesche perquisirono le case, rastrellando oltre 500 persone – uomini e donne – che furono allineate lungo la Via, mani in alto e faccia al muro, e così rimasero per due ore, prima di essere costrette ad assistere alla fucilazione, dopo la quale 136 uomini furono condotti in carcere come ostaggi. Alle sei del mattino, i Sette Martiri, come subito li chiamò la voce di popolo, furono disposti in fila, legati tra loro con le braccia distese, schiena alla laguna, tra due pali eretti sulla Riva. Un ufficiale tedesco lesse ad alta voce la sentenza e ordinò il fuoco al plotone di 24 soldati, davanti alla folla atterrita.»
Questa è la Resistenza che dobbiamo non solo ricordare, ma prima di tutto far cono-scere, contro ogni forma di negazionismo, di revisionismo o anche di semplice sottova-lutazione. Una Resistenza da ricordare a un Paese smemo-rato, che troppo spesso pre-ferisce dimenticare o rifiuta di conoscere anziché menarne vanto ed esserne orgoglioso, come accade, invece, in ogni Paese a riguardo delle pagine più straordinarie della sua storia. Perché da questa Resistenza nasce non solo un ricordo e neppure solo una memoria che stenta a diventare collettiva, ma viene un grande insegnamento, di cui dovremmo fare tesoro. In quel coraggio delle scelte c’è la forza di un esempio. Se tutti i combattenti per la libertà, gli internati militari, le donne, i contadini, ci fosse stato un calcolo sui rischi, la Resistenza non ci sarebbe stata, il nostro Paese si sarebbe coperto di disonore ed a questo avremmo aggiunto il discredito di essere stati liberati da altri.
Quel coraggio, che non è fatto di spregiudicatezza e di sterile ardimento, ma di consapevolezza e di volontà politica, dev’essere per noi un simbolo ed un incitamento. Ne abbiamo viste tante, in questo dopoguerra, dagli attacchi alla Resistenza e alla Costituzione, alle iniziative e manifestazioni neofasciste, ai tentativi di golpe, alle stragi di cittadini inermi, fino al terrorismo. E siamo riusciti a vincere le difficoltà, a superarle, con fatica, ma ritrovando ogni volta la solidarietà, la volontà di libertà e di democrazia, l’impegno collettivo. Oggi, nell’affrontare le dure difficoltà di una crisi gravissima e l’incertezza che colpisce intere generazioni e soprattutto i giovani, dobbiamo riferirci a quegli esempi, richiamarci alle scelte e al coraggio di chi seppe resistere, ai combattenti per la libertà, ai valori che li ispiravano e che poi sono stati trasfusi in una Costituzione molto avanzata, ma troppo esposta ad attacchi, insidie e pericoli.
Ora, chi condivide questi valori deve rappresentare la coscienza critica di questa nazione: sapendo che nei decenni trascorsi è stato lasciato un segno indelebile nella coscienza popolare, nei giovani, nelle istituzioni. È proprio pensando al seme dalla Libertà, della Giustizia, della Fratellanza e dell’Unità, seminati in quei terribili inverni tra il 1943 e il 1945, che ancora una volta ci permettono di guardare con fiducia al futuro dei nostri figli.
Ancor oggi non esiste un’altra storia, o un altro mito democratico, da contrapporre a quello resistenziale, oggi nella storia individuale dei martiri che ricordiamo è racchiuso il percorso della costruzione democratica del nostro Paese che si riassume nella Costituzione.
Anche in questi giorni si è aperto un dibattito sul titolo I della parte seconda della Costituzione. Sarà a giorni votata – con l’istituto della ghigliottina – la riforma del Senato. L’ANPI, anche nelle parole del suo presidente Smuraglia, si trova a non condividere tale scelta, soprattutto per la non eleggibilità diretta dei senatori ma «questo modo di procedere nelle riforme Costituzionali dimostra ancora una volta che non si è compreso che la Costituzione e le norme che tendono a modificarla non sono leggi come le altre, ma fanno parte di quel complesso normativo che è la base di tutto il sistema e della stessa convivenza civile. Se la Costituzione impone maggioranze molto qualificate per l’approvazione delle modifiche, se vuole due letture consecutive da parte di ogni Camera, se prevede che tra la prima e la seconda lettura ci deve essere uno spazio “di riflessione” di tre mesi, questo significa che si vuole una discussione approfondita, su tutti i temi, che ciascuno possa riflettere, decidere, votare (anche secondo coscienza), che vi sia dibattito, confronto e meditazione.»
La nostra resistenza ora è la Resistenza delle idee dei valori, quella che noi, antifascisti, ancora riconosciamo e intendiamo difendere e tramandare ai giovani. Sono quei comportamenti sorretti da un principio ideale che seppero creare un futuro e similmente ai caduti per la libertà, noi tutti dobbiamo far sì che quei valori siano l’espressione di un’etica nazionale, certamente non nostalgica di un mondo eroico ma progenitore di un sogno per un futuro, rivolto alle nuove generazioni, a tutti i nati in Italia e che non sono solamente i figli di italiani ma di tutti quelli che contribuiscono a far vivere in democrazia questa nostra grande nazione.
Viva la Resistenza.
Diego Collovini