Le orazioni per il 25 aprile 2023

L’orazione della Presidente dell’ANPI “Sette Martiri”, Enrica Berti,
alla commemorazione ufficiale in Ghetto a Venezia
per il 78° della LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO

Buongiorno alle autorità presenti, buongiorno a tutte e a tutti e grazie di aver camminato insieme lungo il percorso della memoria (sotto la pioggia battente) fino a qui.

Una decina di giorni fa, sul tazebao dell’edicola di S.Pantalon c’era una notizia a caratteri cubitali:”Nizioléti sporchi ed illeggibili. Memoria da salvare”.

Beh, prima di tutto da conoscere, mi viene da dire! Quante persone notano i nizioleti e ne comprendono il significato?

Ci sono in prevalenza i mestieri: botèri, caleghèri, sartòri, saonèri, tagiapièra, pistòr, orèsi, marangòn, remèr, …perché questa città viveva di attività produttive e artigianali. Artigianato (legato ad una città tanto particolare) che nell’evoluzione della società e dell’economia ha sempre saputo adeguarsi al nuovo, col sostegno di politiche attente a conservare la memoria trasmessa, preservandone così la conoscenza e le abilità che purtroppo in questi anni rischia di morire per la miopia di una politica che non ne comprende l’importanza!

Una città che viveva di commercio e condivisione con il mondo. Altri nizioléti – moltissimi – ci ricordano la provenienza dei foresti che ci vivevano: gli albanesi, i tedeschi, i greci, i turchi, i mori, gli armeni … sottolineando così il pregio che avevano per la Serenissima questi immigrati.

Nizioléti che ricordano gli interventi urbanistici dopo la felice unione al Regno d’Italia o più di recente (nel 2018) la necessità dei veneziani di lasciare memoria scritta di un’attività commerciale a loro cara, come il “ponte dei zogàtoli”, perché rimanesse traccia di quella che un tempo fu una corte piena di balocchi in cui ogni bimba e ogni bimbo poteva sognare. Oggi – lasciatemelo dire – ci sono i soliti tavolini con i visitatori. Preferisco chiamarli così per illudermi che vengano a Venezia con l’interesse dei primi viaggiatori e non solo per un selfie da mettere sui social senza nemmeno conoscere il valore storico-culturale del monumento davanti a cui fissano la loro immagine.

Questa la Venezia il cui vessillo è stato erroneamente scelto da una fazione politica che con la Repubblica Serenissima non ha nulla a che spartire! E noi veneziani (e chi ama e vive davvero questa città) lo sappiamo bene! Perché abbiamo buona memoria!

E ci aiuta questa memoria, scritta e incisa, che diviene imperitura offrendo momenti di riflessione e consapevolezza per chi sa coglierne l’opportunità nella lettura.

Osserviamo i muri di questa città. Oltre ai nizioléti, vi sono molte lapidi, come quelle dei sei martiri che abbiamo appena onorato e commemorato nel percorso da SS Apostoli, altre che ricordano dimore di artisti che qui trovarono ispirazione (Saetti, De Pisis, Nono, Valeri, Ruskin,…), altre ancora che fissano norme o la messa all’indice di individui disonesti. Una delle tante recita così:

DOMENICO RIZZO FU GUARDIAN DELLA

SCVOLA DI S.MARCO BANDITO DALL’ECCELSO

CONSEGLIO DI DIECI PER L’INFEDELTA’ DEL SUO

MANEGGIO ET PER HAVER INTACCATI E VEN

DVTI LI CAPITALI DELLA MEDESIMA CON INI

QVE FORME ET FRAUDI ENORMI

Si trova all’ingresso dell’Ospedale Civile. E vedete che in quel tempo si dava la giusta definizione a chi si appropriava illecitamente di beni pubblici o vendeva beni comuni. Erano LADRI! Oggi invece vengono definiti “furbetti” instillando una connotazione positiva che non deve esserci!!!

Bene, allora mettiamo in tasca il cellulare e camminiamo guardandoci attorno e per terra.

CHI NON HA MEMORIA NON HA FUTURO

Dal 12 gennaio 2014 qui a Venezia si sono cominciate a deporre le “pietre d’inciampo”. Ad oggi sono 159 e qui in ghetto sono 45. Una memoria incisa – indelebile – imperitura ci riporta il cuore alle persone che (citando la nostra cara Senatrice Liliana Segre) “per la sola colpa di essere nate” vennero trascinate via dalle loro case, dal loro quotidiano, per finire nell’orrore e nel vento senza nemmeno una sepoltura che le pietre cercano di restituire. E questo accadde “con la complicità dei fascismi che in Europa hanno consegnato i propri concittadini ai carnefici nazisti” come ha ben sottolineato il Presidente Mattarella in visita ad Auschwitz il 18 aprile scorso.

Pochi giorni fa sono passata qui con Sveva e Jacopo di 8 e 5 anni. Cercavano le pietre, perché ne conoscono l’esistenza e il significato. Perché è in famiglia che si comincia a diventare cittadini consapevoli e responsabili. Trovandone alcune sporche e illeggibili (proprio come i nizioléti) Sveva non si è chiesta perché fossero trascurate e perché nessuno le lucidasse, coccolandone la memoria. Mi ha semplicemente detto, con l’immediatezza spiazzante dei bambini: “Tata! Puliamole noi!”. Ha preso una decisione! E così abbiamo fatto il giorno seguente, anzi, hanno fatto loro due.

La vita è fatta di decisioni e di scelte.

Troppo spesso il popolo italiano attende e cerca chi possa risolvere i suoi problemi.

Troppo spesso delega invece di esporsi in prima persona cercando di prendere in mano il proprio destino. E così addirittura si astiene dal diritto/dovere di votare delegando ai pochi il proprio futuro. Per fortuna non sempre e – spero – non più!

Il popolo italiano sa reagire con forza e dignità nei momenti di particolare tragicità.

E fu ciò che accadde contro il fascismo arrogante, prevaricatore e violento soprattutto quando divenne nazi-fascismo dal 25 luglio ma soprattutto dall’8 settembre 1943. Molti militari leali, molti uomini e molte donne, ragazzi e ragazze non delegarono più. Presero una decisione. non rimasero indifferenti. Non solo si indignarono ma si ribellarono e decisero di opporvisi. Divennero partigiani e partigiane nel senso gramsciano del termine. Consapevoli delle possibili conseguenze di tale scelta, di tale decisione. Fu consapevole Bonaventura Ferrazzutto (la cui pietra d’inciampo è in calle dei fabbri, a s.marco) che da giornalista e intellettuale antifascista venne deportato a Mauthausen da dove non fece ritorno.

Per scelta, sì!

Era un rischio da correre per il bene di tutti.

“Abbiamo combattuto insieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era e per chi non c’era e anche per chi era contro” queste le parole di Arrigo Boldrini, il comandante Bülow.

Così fu la scelta di Gioacchino di Salvo, impiegato, ucciso alle Fosse Ardeatine PERCHÉ ANTIFASCISTA!

Così fu la scelta di Romualdo Chiesa, studente ventenne, ucciso alle Fosse Ardeatine PERCHÉ PARTIGIANO!

Così fu la scelta del capitano Manfredi Azzarita, militare leale, ucciso alle Fosse Ardeatine PERCHÉ APPARTENENTE AL FRONTE MILITARE CLANDESTINO e la cui lapide, posta sulla casa natale, abbiamo ricordato stamattina a S.Leonardo.

Furono 335 i martiri consapevoli che per la loro scelta avrebbero potuto diventarlo.

Talmente consapevoli che uno di loro, nella cella di isolamento di Via Tasso a Roma, incise con le unghie un testamento morale per tutte e tutti noi:

SIATE DEGNI DELLE NOSTRE SOFFERENZE E DELLE NOSTRE MORTI

Non vennero trucidati perché italiani

NO! Signora Presidente del Consiglio Giorgia Meloni!

… e in via Rasella non morirono dei musicisti pensionati Signor Presidente del Senato Ignazio La Russa! NO!

Pensi un po’ che quel 23 marzo 1944 stava transitando il battaglione Polizei Regiment Bozen di ritorno dall’addestramento militare. Morirono 33 militari altoatesini che avevano optato per la nazionalità tedesca e avevano un’età compresa tra i 26 e i 42 anni. Erano tutti armati.

La tragedia delle Fosse Ardeatine fu un crimine di guerra così lampante che lo stesso comandante del battaglione colpito – Hellmuth Dobbrick – si rifiutò di eseguire l’ordine e non fu punito perché era un ordine che violava gli stessi regolamenti militari tedeschi.

È storia scritta, memoria che il Signor Presidente del Senato Ignazio La Russa può andare a studiare nell’Archivio Storico del Senato cui, immagino, possa avere facile accesso!

È memoria storica che non permetteremo venga distorta da nostalgici del ventennio!

Abbiamo il dovere morale e civile, tutti noi, di conservarla con cura e trasmetterla con passione civile ai nostri figli, ai nostri nipoti.

Siamo qui in un luogo che ci urla il dovere di ricordare: la toponomastica, le lapidi, le pietre d’inciampo, questo monumento alle nostre spalle e le sette formelle di bronzo laggiù (tutte di Arbit Blatas) ci ripetono che la memoria è importante, è la salvezza per il futuro.

Ecco perché il quarto ponte sul Canal Grande, per volontà della Giunta Comunale con delibera del 4 settembre 2008, ha preso il nome di PONTE DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (non “di Calatrava”). Costituzione scritta col sangue dei martiri antifascisti. Una Costituzione che trasuda antifascismo in ogni frase, in ogni virgola: talmente antifascista che l’Assemblea Costituente che l’avrebbe redatta fu eletta dal popolo, dopo il referendum in cui il popolo decise che la forma istituzionale del nostro Paese doveva essere la “Repubblica”.

Era un popolo che usciva da un ventennio in cui il fascismo modificò la percezione dei valori umani: guerra, violenza, discriminazione, razzismo, antisemitismo, misoginia erano infatti divenuti valori di Stato.

L’Assemblea Costituente riuscì sapientemente a redigere una Costituzione Antifascista nella sostanza. Basta leggere l’Art. 1 comma 2: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Questo è antifascismo!

Non è certo necessario scrivere la parola, perché la sostanza della Costituzione è antifascista, come ha sottolineato con autorevolezza il Prof. Gustavo Zagrebelsky.

Possiamo anche scorrerla fino all’Art. 46 in cui i lavoratori collaborano alla gestione delle aziende. Perché il lavoratore non è uno strumento ma una persona capace di capire il processo produttivo e non di subirlo. Questo è antifascismo!

E non a caso anche il ponte che collega Venezia alla terraferma si chiama Ponte della Libertà. Quella libertà che il fascismo non lasciava a nessuno, né ai fascisti, né tanto mento agli antifascisti.

Oggi quindi ricordiamo che 78 anni fa finì la tragedia del ventennio, festeggiamo più che mai con forza antifascista questa Festa di Liberazione dal nazifascismo, consapevoli – come sottolinea lo storico Daniele Susini – che “ci troviamo in un periodo storico nuovo, che metterà alla prova le istituzioni democratiche e anche la nostra libertà. E metterà alla prova le destre che attualmente governano e che dovranno dimostrare di aver compreso il senso del 25 aprile come lo spiegò il comandante Bülow.”

Oggi più che mai, quindi, dobbiamo trasmettere memoria alle nuove generazioni nel senso di passione per la ricerca e la riflessione storica che permette di rendersi conto degli errori del passato, della decadenza del presente e dei rimedi necessari per uscire da questa senza ricadere nei primi.

Allora vi chiedo oggi, una volta rientrati a casa, prendete un foglio, un post-it … scriveteci la frase di quell’ignoto martire di Via Tasso “siate degni delle nostre sofferenze e delle nostre morti”, attaccatelo in cucina, cosicché ogni mattina – leggendolo – inizierete la giornata affrontando il quotidiano con la giusta ispirazione nelle scelte piccole o grandi. E pure i vostri figli e le vostre figlie – leggendolo – forgeranno nell’animo quell’umanità e desiderio di pace che guidò la Resistenza dei nostri nonni e delle nostre nonne.

Buona Festa di Liberazione e grazie dell’attenzione.


Intervento della Presidente dell’ANPI “Sette Martiri”, Enrica Berti,
a conclusione del percorso della Pace a Castello – Venezia
per il 78* della LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO

Buongiorno a tutte e a tutti.

Come avete notato quest’anno abbiamo pensato di fare un percorso della Pace anziché il percorso della memoria delle lapidi di questa parte di Venezia.

PACE. PACE … è una parola così bella!

Perfino in latino PAX, sul libro che il leone alato tiene tra le zampe sembra semplice e ovvia…

Invece no. Non lo è.

Un anno fa eravamo ancora tutte e tutti scossi per una guerra esplosa poco distante ma non per questo più atroce e devastante di tutte quelle che c’erano già e che anche oggi continuano a devastare popoli e nazioni.

Davanti alla Partigiana morente ricordammo insieme lo spirito di Pace che alimentava l’agire delle donne durante la Resistenza. Ricordammo i nomi delle 21 donne costituenti, donne libere e sovrane, che seppero dare quell’apporto ai principi costituzionali per cui le fondamenta del nostro ordinamento repubblicano prevedessero stessi diritti e stessi doveri per uomini e donne. E non era poco.

Ricordammo l’umanità di donne ucraine e russe, fianco a fianco unite dallo stesso dolore.

Ricordammo l’Art. 11 della nostra Costituzione Antifascista (lasciatemelo sottolineare!) che detta: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione di controversie internazionali …” e ribadimmo la contrarietà dell’ANPI all’invio di armi che non avrebbero certo portato ad una soluzione del conflitto a breve periodo, come molti pensavano. NO

Terribile constatare che avevamo ragione.

Da 13 mesi l’Italia, con l’Europa, è cobelligerante, invia armi!

Armi che non porteranno ad una soluzione del conflitto, perché comunque rimarranno devastazioni e morte.

E la sconfitta sarà di tutti.

Il Presidente Sandro Pertini, nel messaggio di fine anno del 1979 disse: “l’Italia – a mio avviso – deve essere nel mondo portatrice di PACE: si svuotino gli arsenali, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame (e mai come oggi, nel 2023 la vediamo sulle nostre coste… quanta disperazione!). Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello di tutti i popoli della terra. Questa è la strada, la strada della Pace che noi dobbiamo seguire”.

Io avevo 13 anni e me lo ricordo bene. Avevo un’età per cui la guerra era congelata nei libri di storia (avete mai fatto caso che se togliessimo le guerre dai testi scolastici di storia, si ridurrebbero vertiginosamente le pagine?!) e in TV vedevo la guerra come qualcosa di lontano, in Afghanistan e sentivo parlare soprattutto di “guerra fredda”. Ma questa frase degli arsenali e dei granai mi colpì, perché mi sembrava così ovvia! Per i bambini le soluzioni più umane e semplici sono pure le più ovvie e quasi banali.

Pensare che ancor oggi, in questo momento, ci siano ragazzi e ragazze che vivono l’incubo di un bombardamento e la sofferenza di morte magari procurati da armi prodotte da questo nostro Paese, mi fa ORRORE.

Che una parte della ricchezza del nostro Paese, una parte del nostro PIL, sia dovuta a produzione di armi, mi fa ORRORE.

E non posso non pensare che chi produce le armi, non auspichi e fomenti le guerre nel mondo.

Oggi festeggiamo il 78° della Liberazione dal nazifascismo, che fu anche la Conquista della Pace: dal giugno 1940 all’aprile 1945 il nostro Paese conobbe guerra e distruzione.

Pensate che un signore, oggi 86enne, mi raccontò che quando con i fratelli scappò di casa con la madre (come profughi), la donna li vestì con gli abiti più buoni e le scarpe più nuove … nel caso in cui il destino fermasse le loro vite … almeno sarebbero stati belli e in ordine …

Ma vi rendete conto di quali pensieri vive una madre sotto i bombardamenti e la paura???

E ancor oggi, in questo momento, ci sono donne, mamme, nonne che soffrono a causa della guerra, ragazze che si trovano a dover lottare per la libertà personale o di studio come in Iran, rischiando la vita come fecero durante la Resistenza le nostre nonne.

Lasciatemi quindi concludere con la lettera di una giovane mamma 28enne, la staffetta partigiana Mirka, che – poco prima della fucilazione – scrive alla sua bambina di 5 anni:

Mimma cara,

la tua mamma se ne va pensandoti ed amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io.

Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri,che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.

Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi.

la tua infelice mamma

È una lettera che parla di futuro, di un futuro migliore e di Pace.

Quella che ancora e sempre con forza chiediamo.

Buona Festa di Liberazione e grazie dell’attenzione.


 

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